giovedì 17 marzo 2011

VERITA' O FEDE?

Ho voluto pubblicare un articolo su Garibaldi, per dare un po' di luce a questa, tanto oscura quanto polemizzata unità d'Italia. Quelli che hanno qualche capello grigio come me, la storia dell'unità d'Italia che hanno imparato dai libri di scuola la ricordano così: quella dove in Sicila c'erano i briganti, che Garibaldi unì l'Italia con i Mille, poi incontrò il Re Vittorio Emanuele II, gli disse obbedisco e se ne tornò a coltivare i campi. Come al solito ci sono più verità e la mia verità non può essere la tua, se così non fosse non ci sarebbero problemi. Perchè ci sono tante polemiche in questi giorni sul 150 dell'Unità. Perchè esistono due verità, c'è la verità scientifica e il credo o fede. Fleming ha scoperto la penicillina, Colombo ha scoperto l'America, ora non c'è bisogno che nessuno le riscoprano, le scoperte di questi signori sono diventate di dominio pubblico. Questo non vale per i credo o la fede. Il tuo credo, lo dovrai riscoprire da zero, non ti basterà crederci, non ti servirà. La fede la puoi cambiare, non c'è problema perchè la fede appartiene solo alla mente non ha radici nel tuo cuore, la verità non la puoi cambiare. Credere non può creare la verità perchè la verità esiste già. La verità è. Non hai bisogno di crederci perché sia vera. Il tuo credere o il tuo non credere non farà differenza alcuna per la verità. La verità è la verità, che tu ci creda o no. Ma se tu credi in qualcosa, quantomeno comincia a senbrarti vera. Credere significa questo, credere in qualcosa come fosse vero, sai di non sapere, sai che la verità ti è sconosciuta, ma nella tua ignoranza cominci a credere, perché credere costa poco. E la verità è rischiosa, perché potrebbe non consolarti, non ha nessun obbligo di consolarti. E' rischiosa perché potrebbe frantumare tutto ciò che hai conosciuto prima, e dovrai riorganizzarti per tutta la vita. E' pericolosa, potrebbe distruggere tutte le tue illusioni, potrebbe frantumare tutti i tuoi sogni. Ciò che fanno gli uomini è quello di confondere la fede con la verità scientifica e questo viene fatto deliberatamente. La società di oggi dipende dal credo, crea dei robot non uomini, persone dipedenti, soggiogate. E ci viene fatto fin da bambini, ci tolgono la fiducia in noi stessi, ci scuotono, ci spaventano, ci rendono tremanti quindi controllabili. Distruggi la sua fiducia e gli avrai sottratto il suo potere sarà sempre impotente e avrà sempre bisogno di qualcuno che lo domini, che lo diriga e gli dia ordini. Sarà un bravo soldato, un buon cittadino, un buon nazionalista, un buon cristiano. Sarà tutte queste cose, ma non sarà un vero individuo. L'italia era una nazione suddivisa da diversi stati, ma sopratutto da culture diverse, non a caso la frase di Massimo d'Azelio "abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani". Per fare questo, lo stato italiano ha ritenuto di raccontare una certa storia e cancellarne altra e con essa le culture dei popoli. Di solito è chi vince a raccontare la storia la propria verità. Come ho detto credere alla storia che ci hanno raccontato costa poco, non richiede un grande impegno. Ma ogni stato fonda le sue radici nelle proprie origini e ci sarà sempre qualcuno che rivendicherà la propria storia, la propria verità. Oggi molti italiani non sanno chi sono, hanno perso la loro identità, la loro storia e festeggiare l'unità d'Italia mi sembra una forzatura bestiale, come dire "dopo l'inganno anche la beffa". La storia non la si può cambiare perchè ci fa comodo o perchè ci conviene, non c'è futuro se non si conosce il proprio passato. Io sono italiano perchè sono nato in Italia ma non mi riconosco in questo Stato governato da delinquenti, ladri, ruffiani, prostitute e mafiosi. Fatto di privilegi e clientelismo di corrotti e concussori. La causa di questo comune malessere la dobbiamo a loro, a chi ha tirato i fili di questa unione usando la tecnica del "Divide et impera" e questo ha creato solo danni all'unità d'Italia. Mettento il nord contro il sud, operai contro i padroni, comunisti contro fascisti, privilegiando alcune classi sociali o regioni ed altre no. In tutti questi anni abbiamo sempre saputo chi era il nostro nemico, la causa del nostro malessere, quello che loro stessi hanno creato. Dare al popolo un nemico da combattere. Così il nemico è diventato il nostro vicino di casa, la regione confinante, il nord che ha rubato le ricchezze al sud, o il sud al quale dobbiamo mandarci sempre i soldi. L'italia non deve essere unita, se lo fosse si rivolterebbe contro questa classe dirigente. L'italia è uno stivale e nonnostante la puzza che sentiamo non si è ancora accorta di aver pestato una merda. Io dico che i tempi sono maturi, che il tempo di reagire è ora, uniamoci, dobbiamo avere più fiducia in noi stessi, facciamo pulizia da questo fetore.

sabato 12 marzo 2011

MA CHI ERA "STO" GARIBALDI

Giuseppe Garibaldi "padre della patria" Pirata, mercenario, negriero, massone e... Chi è?
La cappa ideologica. Dopo le varie cerimonie di commemorazione il 4 luglio 2007 ricorreva il bicentenario della nascita, e gli sperticati elogi provenienti dal mondo politico, culturale e dalle più alte cariche dello Stato, è bene ricordare chi sia stato veramente Giuseppe Garibaldi, il tanto acclamato "padre della patria". Giuseppe Garibaldi ci è stato presentato come l'eroe dagli occhi azzurri, biondo, alto, coraggioso, romantico, idealista; colui il quale metteva a repentaglio la propria vita per la libertà altrui. Non esiste città d'Italia che non gli abbia dedicato una piazza o una strada. Garibaldi non era alto, era biondiccio e pieno di reumatismi, camminava quasi curvo e dovevano alzarlo in due sul suo cavallo. Portava i capelli lunghi, si dice nel sud, perché violentando una ragazza questa gli staccò un orecchio. Questo signore non era un eroe; oggi lo si chiamerebbe delinquente, terrorista, mercenario. Era alto 1,65, aveva le gambe arcuate e curava molto la sua persona. Fra il 1825 ed il 1832 fu quasi sempre imbarcato intraprendendo viaggi nel Mediterraneo. Nel 1833, durante un viaggio a Taganrog ebbe modo di conoscere dei rivoluzionari che lo affascinarono all'idea della fratellanza umana ed universale e all'abolizione delle classi, idee che si rifacevano al Saint Simon. Cominciò, pertanto, a pensare all'idea dell'unificazione italiana da realizzare con l'abbattimento di tutte le monarchie allora dominanti e la fondazione di una repubblica. Accrebbe codesta convinzione quando incontrò Giuseppe Mazzini nei sobborghi di Marsiglia e, affascinato dalle idee del genovese, si iscrisse alla setta segreta "Giovine Italia". Nel dicembre del 1833 si arruolò nella marina piemontese per sobillare e per praticare la propaganda della setta tra i marinai savoiardi. Nel 1834 tentò un'insurrezione a Genova contro il Piemonte; scoperto riuscì a fuggire in Francia. Processato in contumacia a Genova, fu condannato a morte per alto tradimento dal governo piemontese. Nel 1835 fuggì in Brasile, considerato una specie d'Eldorado dagli emigranti piemontesi che in patria non trovavano lavoro, ed erano tantissimi; da lì e dalle altre province del nord, ogni anno un milione di emigranti raggiungevano le terre Sudamericane. Fra i 28 e 40 anni Garibaldi visse come un corsaro ed imitò i grandi pirati del passato assaltando navi, saccheggiando e, come dice Denis Mack Smith a pag. 14 (1) "...si abituò a vedere nei grandi proprietari delle pampas un tipo ideale di persona delle pampas". Al diavolo la lotta di classe! il danaro era più importante - diciamo noi. A Rio de Janeiro si iscrisse alla sezione locale della Giovine Italia. Nel 1836 chiese a Mazzini se poteva cominciare la lotta di liberazione affondando navi piemontesi ed austriache che stazionavano a Rio. Il rappresentante piemontese nella capitale brasiliana rapportò al governo sabaudo che nelle case di quei rivoluzionari sventolava la bandiera tricolore, simbolo di rivoluzione e sovversivismo. Nel maggio del 1837, con i soldi della carboneria, Garibaldi mise in mare una barca di 20 tonnellate per predare navi brasiliane; non a caso fu battezzata Mazzini. Quest'uomo, condannato a morte per alto tradimento e poi pirata e corsaro nel fiume Rio Grande, è il nostro eroe nazionale. In Uruguay si batteva per assicurare il monopolio commerciale all'Impero Britannico contrastando l'egemonia cattolico-ispanica. Nel 1844, a Montevideo iniziò la sua vera carriera di massone dopo l'iniziazione avuta con l'iscrizione alla Giovine Italia del Mazzini. In Italia i pennivendoli di regime continuano ad osannare le imprese banditesche del pirata nizzardo offendendo la storia e la dignità delle nazioni Sudamericane. L'indignazione della gente è racchiusa in un articolo di un giornale, il Pais che vende 300.000 copie giornaliere e che così si è espresso il 27-7-1995 a pag. 6: " Il presidente d'Italia è stato nostro illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott. Scalfaro che il suo compatriota (ndr, Giuseppe Garibaldi) non ha lottato per la libertà di queste nazioni come (Scalfaro) afferma. Piuttosto il contrario". La carriera massonica di Garibaldi culminò col 33°gr. ricevuto a Torino nel 1862, la suprema carica di Gran Hierofante del Rito Egiziano del Menphis-Misraim nel 1881. Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi dal 4° al 33° e a condurre il rito fu mandato Francesco Crispi accompagnato da altri cinque fra massoni. Il mito di Garibaldi finisce quando si apprende che la spedizione dei Mille fu finanziata dalla massoneria inglese con una somma spaventosa di piastre turche equivalenti a milioni di dollari in moneta attuale (2). Con tale montagna di denaro poté corrompere generali, alti funzionari e ministri borbonici, tra i quali non pochi erano massoni. Come poteva vincere Francesco II, se il suo primo ministro, Don Liborio Romano era massone d'alto grado? (3). Appena arrivato a Palermo, Garibaldi saccheggiò il Banco di Sicilia di ben cinque milioni di ducati come fece saccheggiare tutte le chiese e tutto ciò che trovava sulla sua strada. In una lettera Vittorio Emanuele II ebbe a lamentarsi con Cavour circa le ruberie del pirata nizzardo (4).
Questo personaggio non è affatto così docile né così onesto come lo si dipinge. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l'affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l'infame furto di tutto il denaro dell'erario, è da attribuirsi interamente a lui, che s'è circondato di canaglie, ne ha seguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa".
Ma erano mille i garibaldini? Certamente. Ma ogni giorno sbarcavano sulla costa siciliana migliaia di soldati piemontesi congedati dall'esercito sabaudo per l'occasione dall'altro massone Cavour ed arruolati in quello del generale nizzardo. Una spedizione ben congegnata, raffinata, scientifica, appoggiata dalla flotta inglese ed assistita da valenti esperti internazionali. La massoneria siciliana, da anni, stava preparando la sollevazione e mise a disposizione di Garibaldi tutto l'apparato mafioso della Trinacria. A Bronte (5) fece fucilare per mano di Nino Bixio i contadini che avevano osato "usurpare" le terre concesse agli inglesi dai Borboni. Ecco chi era il vero Garibaldi! Amico e servo dei figli d'Albione, assassino e criminale di guerra per aver fatto fucilare cittadini italiani a Bronte. Il socialismo, l'uguaglianza, la libertà potevano anche andare a farsi benedire di fronte allo sporco danaro e al suo servilismo massonico. Suo fine non era dare libertà alle genti del Sud ma togliere loro anche la vita. Scopo della sua missione fu quello di distruggere la chiesa cattolica e sostituirla con quella massonica guidata da Londra. Garibaldi, questo avventuriero, definiva Pio IX "...un metro cubo di letame" (6) in quanto lo riteneva - acerrimo nemico dell'Italia e dell' unità"(7). Considerava il papa "...la più nociva di tutte le creature, perché egli, più di nessun altro, è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza degli uomini e dei popoli"(8), inoltre affermò che: "...Se sorgesse una società del demonio, che combattesse dispotismo e preti, mi arruolerei nelle sue file" (9). Era chiaro l'obiettivo della massoneria: colpire il potere della chiesa e con esso scardinare le monarchie cattoliche per asservirle ad uno stato laico per potere finalmente mettere le mani sui nuovi mercati, sulle loro immense ricchezze umane, sulle loro ricche industrie, sui loro demani pubblici, sui beni ecclesiastici, sulle riserve auree del Regno delle Due Sicilie , sulle banche.
Con la breccia di Porta Pia finì il potere temporale dei papi con grande esultanza dei fra massoni. Roma divenne così capitale d'Italia e della massoneria, come aveva stabilito Albert Pike, designando come suo successore Adriano Lemmi, massimo esponente del Rito Palladio.
(1) DENIS MACK SMITH: Garibaldi, una grande vita in breve, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993.
(2) Intervento di Giulio di Vita, pp. 379-80-81 atti di convegno "La liberazione d'italia nell'opera della massoneria" svoltasi a Torino il 24-25 settembre 1988, Edizioni Bastogi, Foggia, 1990. .
(3) Bollettino del Grande Oriente del 1867, II, pag. 190.
(4) DENIS MACK SMITH - Garibaldi, una grande vita in breve, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993, pag. 285.
(5) L'eccidio di Bronte così come è raccontato dal garibaldino Cesare Abba nel libro
(6) G. GARIBALDI - Scritti politici e militari, Ricordi e pensieri inediti, Voghera, Roma, 1907, a cura di Domenico Ciampoli, pp. 523-525.
(7) G. GARIBALDI - Scritti e discorsi politici e militari, Ed. Cappelli 1935, vol. II, pag. 397. (8) Ivi, Vol. III, Ed. Cappelli, Bologna, 1937, pag. 334.
(9) opera citata, pag. 664.